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Chloé Vertical è il progetto della maison per tracciabilità, trasparenza e circolarità

di Elisa Pervinca Bellini

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Chloé lancia il progetto Vertical destinato a cambiare il modo di cui funziona la circolarità nel mondo della moda: spazio alla trasparenza e alla tracciabilità

In tema di innovazione nel mondo della moda sostenibile, la maison Chloé è sempre stata pioniera. Lo conferma anche Federico Marchetti, Presidente della Task Force Moda della Sustainable Markets Initiative, progetto lanciato dal Re Carlo III, allora Principe del Galles, alla riunione annuale del World Economic Forum 2020 a Davos con la missione di dare il via ad azioni concrete e coraggiose per raggiungere gli Obiettivi dell'Agenda 2030 in termini di sostenibilità nella moda: "Gabriela Hearst e Riccardo Bellini sono sempre stati un passo avanti nel guardare al futuro e nel combinare la tecnologia con il genuino desiderio di cambiare il sistema in meglio".

L'ultimo step in ordine di tempo compiuto in direzione futuro dalla maison francese consiste in un enorme passo avanti in tema di circolarità e trasparenza, grazie al progetto Chloé Vertical lanciato nell'ambito della collezione primavera estate 2023 del brand. Grazie a una speciale tecnologia alimentata da EON, gli utenti potranno scansionare le etichette dei prodotti con uno smartphone accedendo così a un vero e proprio passaporto digitale del capo o dell'accessorio Chloé. Il passaporto contiene tutte le informazioni sulla tracciabilità del capo, un certificato di garanzia e le informazioni per riparare o rivendere il capo.

Tracciare il proprio capo o accessorio, ovvero: conoscere step by step la sua storia

Acquistare un prodotto della collezione primavera estate 2023 di Chloé significa quindi conoscere da vicino tutti gli attori della filiera della moda che hanno contribuito a produrre quel capo in lino, seta, lana e pelle. Il coinvolgimento delle aziende partner e il commitment dedicato al progetto sono stati totali e Chloé Vertical ha permesso di svelare eccellenze manifatturiere del mondo del tessile e abbigliamento di vari Paesi e specializzati in vari settori: in collaborazione con la cooperativa agricola Terre de Lin, ad esempio, si scopre con il passaporto digitale che il lino utilizzato per il prêt-à-porter proviene dalla Normandia ed è coltivato con processi agricoli a basso impatto prima di essere filato e tessuto in Francia. La coltivazione del lino emette meno gas a effetto serra, consuma meno pesticidi e richiede meno acqua rispetto ad altre fibre naturali convenzionali, motivo per cui è considerato un materiale a basso impatto naturale.

La seta utilizzata, poi, è certificata dal Global Organic Textile Standard (GOTS), mentre la lana proviene direttamente dalla fattoria di famiglia di Gabriela Hearst, la direttrice creativa della maison, in Uruguay, prima di essere filata e tessuta in Italia.

Repairing is caring

In caso di danneggiamento del capo o dell'accessorio, l'atteggiamento più sostenibile è quello di ripararlo: un link dal passaporto digitale condurrà i clienti al customer service della maison e alla piattaforma dedicata alla riparazione con numerose informazioni dettagliate sulla cura e la riparazione, per poter allungare la vita dei prodotti. E quando il cliente decide di separarsi dalla borsa, dal paio di scarpe o dal capo di abbigliamento? Anche in questo caso Chloé ha pensato a un'opzione sostenibile e circolare, ovvero al reselling.

La seconda vita grazie alla collaborazione con Vestiaire Collective

L'ultimo step di tracciare l'intera vita del prodotto avviene grazie al reselling dello stesso su piattaforme di seconda mano: grazie al passaporto digitale, ogni capo e accessorio porterà sempre nel qr code un certificato di proprietà che permetterà la rivendita diretta attraverso Vestiaire Collective. “La nostra maison non ha i numeri esatti - spiegano da Chloé - ma stiamo ottenendo buoni risultati su piattaforme di seconda mano come Vestiaire Collective. È un'opportunità per offrire un nuovo servizio ai nostri clienti e per convertire più clienti alla rivendita, dal momento che i clienti Chloé non sempre utilizzano i servizi di reselling. Infine, questo progetto ci consente di raccogliere dati preziosi sul ciclo di vita dei nostri prodotti grazie all'ID digitale”.

Leggi anche: Il progetto Style Collective di Vestiaire Collective entra nel guardaroba dei fashion insider

La maison è ottimista riguardo a come la community di Chloé accetterà il progetto: “Ci aspettiamo che i nostri clienti siano incuriositi e scelgano di adottare rapidamente questi nuovi servizi, sia l'ID digitale che la piattaforma di rivendita dedicata”.

Le sfide del progetto Chloé Vertical

"Il progetto Vertical è trasformativo e molto interfunzionale (sostenibilità, dati, operazioni, clienti e digitale), il che implica la giusta governance e organizzazione - spiegano da Chloé - Si è trattato di un progetto pilota: la sfida più grande è quella di replicarlo a lungo termine su scala più ampia.
Inoltre, ci sono molte sfide, tra cui quella di arrivare a un quadro armonizzato in tutto il nostro settore su cosa sia la tracciabilità per la moda e l'accesso ai dati ai diversi livelli della nostra catena di fornitura".

Le sfide del settore: la diffusione del passaporto digitale

Obiettivo tracciabilità, trasparenza e circolarità raggiunto quindi da Chloé Vertical che, come spiegano dall'azienda, è un primo, importante passo la cui sfida futura è la scalabilità su larga scala. Ci sono infatti ottimi esempi di sperimentazione tra le maison che hanno creduto nell'idea del passaporto digitale: Mulberry Exchange, ad esempio, è il programma di economia circolare del brand britannico che ha iniziato a inserire ID digitali nelle borse pre-loved del marchio per supportare la vendita delle stesse, mentre Johnstons of Elgin ha lanciato 50 esemplari in limited edition con passaporto digitale del loro cappotto iconico Balmacaan. Federico Marchetti che presiede la SMI Fashion Taskforce impegnata a rendere gli Obiettivi 2030 dell'Agenda Sostenibile più raggiungibili dal mondo della moda condivide così uno sguardo sul settore: “I membri della taskforce stanno lavorando con grandissimo impegno come da loro commitment dimostrato al G20 di Roma per implementare il passaporto digitale nelle loro collezioni. I progetti di ciascun brand, ovviamente, sono commisurati alle dimensioni aziendali e alla complessità della struttura della singola maison, ma mi aspetto un effetto a cascata dirompente su tutto il settore dopo la nostra azione di apripista per quanto riguarda la tracciabilità del settore. Penso che entro 5 anni tutti i capi e gli accessori moda potranno vantare un passaporto digitale, il cui obiettivo finale è quello di mettere i clienti in condizione di fare scelte di acquisto sostenibili e consapevoli, in quanto richiedono sempre più spesso divulgazione, trasparenza e tracciabilità".

Pubblicato su Vogue.it


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